A te navigante...

A te navigante che hai deciso di fermarti in quest'isola, do il benvenuto.
Fermati un poco, sosta sulla risacca e fai tuoi, i colori delle parole.
Qui, dove la vita viene pennellata, puoi tornare quando vuoi e se ti va, lascia un commento.

mercoledì 16 ottobre 2013

Il bozzolo e la farfalla




Scrivere, scrivere per divertimento, per rimettere a posto l'anima, aggrovigliata su sé stessa, soffocata e stritolata da quello che la circonda. Scrivere per volare, creare mondi che non esistono e dialogare con persone nate al momento, in un delirio di onnipotenza. Dall'inchiostro esse pian piano escono, gocciolando parole, s'appropriano di volti, capelli, occhi e colori dalla vita. Parlano e si muovono in una densa bruma di pensieri, non perdono mai la strada.
Ognuno dei personaggi ha un piccolo particolare, un difetto, un modo di porsi che lo caratterizza e gli dona una tridimensionalità umana.
La realtà si dissipa distorcendosi nei meandri della fantasia e gli affanni svaniscono, le ansie si sciolgono al calore delle storie narrate.
Una coccola terapeutica che lenisce e riempi vuoti.
Praterie verdi da colmare, immense e silenziose,  un silenzio che urla nella mente e a volte distrugge chi non sa ascoltarlo.
Bulimia d'idee, s'accavallano, corrono, cambiano forma come soffici nuvole bianche, rosee al tramonto, grigie, cariche di pioggia, annidate nell'insonnia persistente.
S'inseguono con trepidazione, ci si perde nella nebbia stentando a ritrovar la strada, coi piedi incollati in sabbie mobili che a volte inghiottono e lasciano stremati. 
Il sole fende la nebbia e piano, con fatica, si ritrova la via smarrita. La meta è lì ma s'indugia, si rallenta, non si vuole perdere la storia, è diventata parte di noi, esce da ogni poro, ondeggia tra i capelli, si respira nel vento che gonfia le tende alla finestra della vita.
La teniamo stretta, perché ogni personaggio scorre nel nostro sangue e contiene particelle di noi stessi, loro sono noi e noi siamo loro. 
Sono i figli non partoriti, le madri ancora viventi, i padri addolciti da cui non vorremmo più separarci e la parola fine ancora non è stata trovata nel dizionario della creatività. La saltiamo di proposito allungando a dismisura un dialogo, una pagina, un punto che non vuole posizionarsi.
Ti bussano alle spalle le idee ribelli, quelle che non vogliono lasciarti. Le vorresti allontanare, dar spazio ad altri pensieri, inseguire la vita opulenta o grama, greve o lieve ma verace, autentica nella sua imperfezione. Loro invece sono sempre lì, che sgomitano per uscire, e il bisogno di pennellarle in quadri abbozzati diventa sempre più forte, riempie tutto lo spazio che prima era vuoto. Si deve dar loro vita, aria, spazio o si rischia di scoppiare come una bolla di sapone troppo tesa.
Ci sono momenti in cui il bianco abbacinante della pagina acceca.
Sono i momenti bui, quelli in cui le idee prepotenti si nascondono per dispetto, sei tu allora che bussi per farle uscire, ma loro si tacitano a vicenda, zittendosi con un dito messo sulle labbra serrate.
Si resta con le mani ferme, la mente come una boccia di cristallo trasparente, troppo linda e lucida per contenere qualcosa.
E il vuoto torna come un serpente, in silenzio, furtivo. Avresti voluto una piccola pausa, una sola piccola pausa per riposarti dai sussurri dei personaggi, dalle urla di quelle storie che non ce la facevi più ad ascoltare. Loro si sono offesi e non parlano più.
Una grande frustrazione prende il loro posto e la pagina è sempre più accecante. 
La chiudi con commozione, l'avresti voluta vedere ripiena di formiche nere che in una lunga fila si rincorrevano. La chiudi virtualmente, sul computer, ma vorresti accartocciarla e gettarla con stizza nel cestino.
Per un po' non ci pensi più. Non scrivi più, non trovi le parole neanche per dirlo a voce alta. Qualcosa ha preso il posto che spettava loro: la vita e i suoi fardelli, hanno prevalso, congelando una farfalla nel bozzolo.
La boccia di cristallo è ora piena di un liquido vischioso, unto e molesto.
E' l'inverno della scrittura, ci si riposa congelati nell'attesa di un risveglio.
Un tiepido raggio e l'idea cinguetta di nuovo, è tornata, zampetta felice cercando di uscire, la farfalla esce di nuovo dal bozzolo, la nuvola è carica e ha voglia di rovesciare una cascata di parole.
La pagina è bianca ma lo sarà ancora per poco. 
L'idea riprende ad inseguirti e tu a non farti prendere, non ancora, per assaporare per un po' il trionfo di quel momento in cui essa verrà fissata per sempre, per sorseggiarne lentamente l'aroma.
Assaporarne le più nascoste sfumature prima di renderla palese. A volte però, il bozzolo non si schiude e la farfalla non esce più: è l'idea abortita. Resta un piccolo appunto dimenticato da tempo, un abbozzo, un soggetto e verbo che non vogliono chiudersi in un periodo. Non hanno virgole per prendere fiato né punti di chiusura.
Non sono fogli accartocciati, non sono stati gettati via ma come questo scritto, aspettano di prendere il volo in mille colori d'aggettivo.

Queste riflessioni, erano inizialmente una crisalide congelata. Per molto tempo sono rimaste tre righe su una pagina bianca immacolata. Le avevo dimenticate in mezzo a tante altre che aspettano di prendere di nuovo vita. Oggi, con prepotenza, hanno preso su di me il sopravvento, hanno voluto che io dessi loro il posto che stavano aspettando con impazienza. 
Ve le regalo incartate da un velo di poesia.

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