A te navigante...

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mercoledì 30 luglio 2014

Amata patria - 28 luglio 1914


Il racconto ha vinto il primo premio alla XIX edizione del concorso letterario Ripa grande, 2017.

Questo racconto è dedicato a tutti coloro che parteciparono alla Grande Guerra rimettendoci la vita o ritornando feriti nel corpo o nello spirito.

C'erano una volta un principe e una principessa che non vissero felici e contenti perché questa non è una favola. 
C'erano una volta decine di baldi giovanotti che al grido di “Patria!”  resero purpuree di sangue terre martoriate.
Luca Fusco, classe 1895 portava addosso una divisa nuova di zecca, sogni e speranze di poter essere un eroe. Insieme alla sedicesima Divisione Fanteria, Brigata Friuli, si muoveva alla volta del fronte.
Parte dell'ottantasettesimo Reggimento era in partenza alla stazione di Firenze.
La banchina brulicava di militari, di masserizie accatastate per il fronte, di zaini posati a terra. 
Facce lunghe di giovani costretti a partire. Facce sfrontate di giovani arruolati di volontà propria, contro ogni ragionevole logica in nome di un ideale: “La Patria”.
E lacrime, vischiose e salate che scorrevano sui volti delle donne. 
Madri, mogli e figlie, fidanzate e amanti singhiozzavano pregando per una brevità del conflitto. 
Li abbracciavano quei giovani, stringendoli fin quasi a soffocarli, per trattenerli a loro.
Quelli che erano già saliti sui vagoni, cantavano canzoni in coro, per farsi coraggio e far passare il tempo prima della partenza.
Era venuta soltanto la sorella di Luca, quel giorno. Il padre addolorato per la scellerata scelta del figlio che vedeva già morto, non volle salutarlo. La madre col cuore spezzato, singhiozzava nascosta in cucina, davanti al focolare, continuando a rigirare la polenta nel paiolo di rame, come faceva ogni giorno.
La locomotiva fischiò, una, due, tre volte e un denso fumo nero uscì verso l'alto, mettendo in moto le ruote cigolanti. 
Sbattevano le ultime portiere aperte delle vetture e i fazzoletti, bianchi e immacolati, come la neve che avrebbe gelato le loro ossa, sventolavano al di là dei finestrini aperti, in segno di saluto verso chi restava.
Il viaggio fu lungo. Molti si assopirono, seduti dove avevano trovato posto oppure a  terra, appoggiati agli zaini. Altri cantavano ancora, per anestetizzare la paura che serpeggiava dentro di loro come un fumo avvelenato.
Quando arrivano era quasi notte. Il cielo era plumbeo e minacciava pioggia. Si intravvedevano all'orizzonte le imponenti montagne, dove il nemico insidioso aveva piantato le proprie radici, come erba maligna.
Il campo era a mezz'ora di marcia. Il brusio iniziale fu subito zittito dagli ordini dei graduati. 
Silenziosi, i ragazzi, con lo zaino pesante in spalla, marciavano in fila indiana, seguiti dai muli con le mitragliatrici in groppa.
Poi il diluvio iniziò ma non rallentò la marcia. Gli scarponi affondavano nel fango del sentiero rendendo ancora più pesante l'avanzata. Giunsero al campo, alle pendici del monte e dovettero montare le loro tende, sotto l'acqua torrenziale. Quell'estate il tempo sembrava essersi messo d'accordo con gli austriaci e i crucchi.
- Soldato semplice Fusco, domani mattina andrete con altri dieci uomini su in trincea. Lassù hanno bisogno di voi.
- Signorsì, signor Capolare!
Sull'attenti fece il saluto, toccando la falda del berretto.
Era orgoglioso di essere stato scelto tra i primi per salire al fronte, a diretto contatto col nemico. Si mormoravano cose aberranti sulle trincee ma tutto egli avrebbe sopportato per la Patria.
Quando giunsero lì, il tenente che era al comando di quel manipolo d'uomini, fece l'appello dei nuovi venuti. Essi presero posto dove lo trovarono, dormendo gli uni sugli altri in cunicoli stretti e angusti.
Col passare dei giorno, la battaglia infuriava. Di qua c'erano loro, protetti dal filo spinato che certo non fermava le granate. Ne veniva giù come grandine e non facevano sconti a nessuno.
La si poteva chiamare fortuna o destino a seconda dell'esito dello schianto. Di là c'erano loro, i nemici, protetti dal filo spinato. 
I più fortunati erano i feriti, quelli che ormai inservibili alla battaglia, mancavano di qualche arto e venivano rimandati giù al campo, nella tenda dell'infermeria. Bisognava aspettare le tregue, quelle piccole pause, quando sembrava che i nemici, stanchi di combattersi, si fermassero un momento ad osservarsi da lontano e forse a riflettere sull'utilità di quella guerra tra il fumo dei cannoni e quelle delle sigarette.
Tra la trincea amica e la trincea nemica, c'era la terra di nessuno, dove i morti si mescolavano e si abbracciavano finalmente quieti.
In altri fronti della guerra avevano usato i gas e ne erano morti come mosche. Avevano tutti le maschere in dotazione ma avrebbero fatto in tempo ad indossarle?

Cara madre, caro padre vi scrivo questa lettera. Oggi siamo stati mandati in avanscoperta, lassù tra le rocce. Il vento ci soffiava sopra, quasi volesse avvertirci del pericolo. Io mi sono offerto volontario,  Mario Ferretti non avrebbe mai voluto salire quassù.  Aveste sentito quante imprecazioni disse, quando eravamo soli. Anzi, madre, sarebbe meglio di no. Non per le vostre caste orecchie in timor di Dio. Egli bestemmiava, diceva che tanto Dio qui non lo poteva sentire, perché Dio qui si è tappato gli occhi e le orecchie inorridito da quello di cui siamo capaci.
Caro padre, perdonatemi se potete. So che la mia scelta non è stata da voi condivisa. La Patria ha però bisogno di me ed io sto combattendo per Lei e per voi. Non so quando potrò di nuovo scrivervi. Spero di poter ricevere vostre notizie ma sarà difficile. Io aspetto fiducioso e con ansia una vostra lettera. Vi abbraccio con amore filiale. Salutatemi anche la Rosa, mia sorella.”

L'aveva scritta prima di salire tra i boschi, Luca Fusco, la teneva accuratamente piegata sul cuore. Era nascosto in una nicchia tra le rocce, di vedetta ma il tempo non passava mai.
Una pallottola fischiò tra i rami di un larice andando a conficcarsi mezzo metro più in alto della sua testa.
Luca Fusco si fece piatto, aspettando il momento per sgattaiolare fuori da quella che ormai era una trappola. Qualcuno dall'altra parte l'aveva individuato.
Fece cenno al Ferretti di tenersi pronto mentre il terzo del gruppo col fucile spianato, teneva d'occhio di fronte a sé per coprirne la fuga.
Di nuovo uno sparo. Un altro ma questa volta erano loro a sparare nella direzione opposta.
Poi un grido e imprecazioni in tedesco.
Il terzetto si mosse con cautela verso sinistra, cercando di ripararsi dietro ad un grande masso.
I colpi continuarono alla cieca, nelle due direzioni. 
Erano completamente bloccati dietro al masso.
Luca Fusco pensava mentre il terzo continuava a sparare alla cieca dall'altra parte. Spari fatti per fare la voce grossa, entrambi per far notare la forza e la presenza.
Durò per ore, quasi tutta la notte.
Verso l'alba i due fronti, forse sfiniti, forse per mancanza di colpi fecero silenzio. Una piccola tregua nella quale  si accesero delle sigarette. Piccoli punti di rossa  brace che brillava come gli occhi di fiera in agguato.
Giù al campo, sull'altopiano si stavano preparando per la salita nella nuova trincea. I muli venivano caricati di pesanti casse, di mitragliatrici.
I soldati in silenzioso andare avevano sui volti dipinta la stanchezza e la paura. 
Le divise stropicciate e piene di polvere. I pantaloni alla zuava, finivano sotto al ginocchio e i polpacci, protetti da fasce arrotolate schizzate di fango che  finivano negli scarponi inzaccherati.
Gli zaini pesanti, nell'incedere sembrano raddoppiare la zavorra sulle loro spalle. I fucili con le baionette montate per probabili lotte corpo a corpo.
Faceva freddo lassù,  si era ormai in autunno inoltrato e i primi fiocchi di neve iniziavano a cadere.
- Caporale!
- Comandi, Signor Tenente!
- Sono rientrati i tre volontari dalla missione?
- No, Signor Tenente.
- Mandate Rossi e Cinelli a cercarli.
- Si. Signore!
Quando il caporale fu uscito, il Tenente imprecò per il timore di aver perso altri uomini. Aveva già chiesto i rimpiazzi ma gli avevano mandato quella manciata di novellini. Quel Fusco era capace di mettersi nei guai.
-  Troppo montato il ragazzo è una testa matta ma si era offerto volontario – Pensò.
Spronò quindi il cavallo e si diresse alla testa della lunga fila di soldati in marcia.
Due soldati semplici, piegati dal peso sulle spalle, alzarono appena lo sguardo mormoravano tra loro, invidiosi dei privilegi dei graduati, riferendosi alla cavalcatura.
Lassù, tra i boschi, si vedeva una colonna di fumo, qualcosa stava bruciando.
- Non è lì che sono andati in avanscoperta? - Chiese uno dei due soldati in marcia.
-  Sì – rispose l'altro e si fece il segno della croce.
Arrivò al galoppo il Caporale.
- Rossi, Cinelli, andate a vedere e riporteli vivi se possibile.
- Signorsì – Nel dirlo però sentirono un brivido freddo dietro la nuca.
Si arrampicarono quatti, quatti, mimetizzati tra le piante del sottobosco.
Si facevano cenni per comunicare senza proferir parola.
Li trovarono tutte e tre. Dall'altra parte, quella del nemico, non volava una mosca. Uno dei due soldati tirò un sasso per saggiare la presenza degli austriaci.
Nessuno sparo, nessun rumore su udì. Si intravvedevano le fiamme che illuminavano l'avamposto nemico ormai deserto.
Ferretti giaceva a terra con un fiore rosso come un garofano appuntato sul petto che andava allargandosi e gli stava inzuppando la giacca. Gli occhi spalancati e  increduli senza vita.
L'altro, il cecchino, sdraiato a pancia in giù, le gambe divaricate col fucile ancora tra le mani immerso nel suo stesso sangue.
Fusco invece era ancora vivo ma ferito gravemente. Rantolava mugolando. Lo girarono delicatamente per deporlo sulla lettiga. Aveva il viso sporco di sangue e fango, un foro sul petto, aveva bucato il taschino. Dentro trovarono la medaglia al valore di suo nonno, morto nella guerra di Crimea- La teneva come portafortuna e fortuna almeno per il momento gliel'aveva regalata.  Aveva deviato la pallottola assassina. Sotto la medaglia essi trovarono  una lettera piegata in quattro, spiegazzata e macchiata di sangue, ormai illeggibile.
- Fai piano – Disse uno dei soldati all'altro – Lo portiamo al campo. 
- Speriamo che ce la faccia povero ragazzo.
- Lo vedo messo male. Penso ai suoi genitori.
- Tu prega! - Disse l'altro imprecando contro i crucchi.

1 commento:

  1. Molto interessante e realistico, secondo me anche attuale come lo sono sempre le guerre. L'uomo scatenerà sempre guerre e ci saranno sempre morti.
    Ivana C.

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