A te navigante...

A te navigante che hai deciso di fermarti in quest'isola, do il benvenuto.
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Qui, dove la vita viene pennellata, puoi tornare quando vuoi e se ti va, lascia un commento.

mercoledì 8 maggio 2013

Mary Ann, la strega




Il mare mugghiava schiumando. Gli scricchiolii delle assi di legno, le avevano invaso l'udito. Parlare era diventato impossibile, come reggersi in piedi. Le vele tese al massimo nello spasmo di reggersi agli alberi, erano gonfie come otri pieni di latte.
Mary Ann si tappò le orecchie e chiuse gli occhi. Seduta in terra, tra gli stracci degli altri passeggeri, cercava d'isolarsi da quella natura che le era sempre stata amica ma che ora, si stava vendicando degli uomini che volevano piegarla.
Quattro giorni durò la tempesta. Quel guscio di noce della Queen Abigail, dal nome altisonante e dall'aspetto fragile, finalmente cheto nell'acqua smeraldina, si cullava verso una meta lontana e piena d'insidie.
Il nuovo carico di coloni era pronto a sbarcare. Rivestiti di speranza per una nuova vita, per un pezzo di terra nelle sconfinate lande, terra di nessuno, c'era solo da prendersela e farla fruttificare.
A Mary Ann tutto questo non importava. Lei stava scappando da uomini crudeli dalla mente malvagia che predicavano in nome di Dio ma bruciavano uomini e donne come ciocchi di legno.
Una mano pietosa, l'aveva strappata a mani lorde di vite troncate. L'aveva fatta vestire di nero, le aveva coperto i capelli con una cuffia candida e inamidata, stipandoci dentro tutte le ciocche ribelli. Le aveva dato un nuovo nome, per una nuova vita.
Mary Ann aveva tredici anni e sua madre, guaritrice del suo villaggio nel Merseyside, era stata una di quelle vite mandate in fumo.
La piccola Mary Ann, l'accompagnava nei boschi, alla ricerca di erbe dalle proprietà medicamentose. La digitale, la salvia selvatica, le rose canine, sua madre le raccoglieva all'alba, ancora bagnate della rugiada appena caduta. Era così che esse sprigionavano tutte le loro proprietà migliori. Nel villaggio, la facevano chiamare per ogni malanno, dalla tosse dei bambini alla costipazione dei vecchi. Per tutti ella aveva amorose parole, decotti e cataplasmi miracolosi.
Mary Ann, aveva imparato da lei a pestare petali fragili, foglie odorose e balsamiche  per farne decotti bollenti da addolcire con un poco di miele, quando c'era. Erano tempi grami, di estrema povertà, per questo molti partivano per il nuovo mondo. Di queste terre, si facevano racconti di gente che partita stracciona ora era ricca, con appezzamenti immensi di terra e bestiame numeroso.
Alla giovane, sua madre, aveva insegnato a rispettare e amare la natura. Noi siamo essa ed essa è in noi, le ripeteva. La donna, nelle notti di plenilunio, danzava sotto gli alberi, libera da orpelli, vesti e mortificazioni del corpo. Ringraziava in quel modo la terra che l'aveva creata e alla quale sarebbe tornata in un ciclo infinito. Era stata accorta quella notte, come sempre. Fu sfortunata o aveva abbassato troppo la guardia, fidandosi del canto delle civette. Qualcuno del villaggio la vide e sparse la voce. Non la chiamavano più per guarire ma le attribuirono i segni malvagi del Maligno. Grandine, moria di bestie, malattie incurabili, erano tutte frutto della suo legame infernale. Fu imprigionata, interrogata coi metodi più efferati e cruenti, condotta come bestia al macello davanti agli occhi di sua figlia. Nell'istante prima che appiccassero il fuoco alla pira, i loro occhi si unirono. Il volto scavato e tumefatto. Quelli che erano stati un suo vanto, i capelli corvini lucidi e lisci, erano ora strappati in più punti e aggrovigliati come serpi rannicchiate.
Mary Ann non poté più togliersi dalla mente quello sguardo, dolce, rassegnato ma nello stesso tempo determinato e di sfida verso i suoi persecutori.
Quella notte, la ragazza fu tirata via dalla folla, prima che la rabbia e la superstizione s'abbattesse anche sulla sua innocenza.
La vestirono come i coloni, la mescolarono ai puritani, le insegnarono preghiere che ella poco conosceva e che associava alla malvagità di coloro che le avevano strappato sua madre, le raccomandarono la massima discrezione. Non doveva farsi notare, non doveva mai alzare lo sguardo.
E Mary Ann sbarcò. Lo fece impilata in una lunga fila, portandosi dietro un cambio e qualche misera moneta per cominciare. Si teneva attaccata alla vecchia signora Hughes, vedova e sola, che le aveva mostrato un po' di pietà. Lei la chiamava Madame, neanche fosse una Lady.
La vecchia Hughes dichiarò che fosse sua nipote e la portò a vivere con lei nel nuovo villaggio. A Mary Ann, tutto sembrava uguale nella vita quotidiana, le stesse comari che si recavano al torrente per lavare la biancheria e gli uomini a lavorare quella terra grassa ma selvaggia, disseminata di piante strane e sconosciute.
Il villaggio era sorto su una radura, attorniato da un bosco fitto e ostile.
Era vietato inoltrarcisi, si diceva fosse abitato da bestie feroci, e dalla Bestia per antonomasia.
Tutte le domeniche, il lavoro veniva interrotto per celebrare il giorno del Signore. La  visita in chiesa obbligatoria, il sermone, il fulcro della cerimonia. Il predicatore vi si dedicava con fervore, incitando al pentimento per i propri peccati e alla via retta da seguire. Il Maligno albergava ovunque e bisognava sempre stare vigili. Ognuno poteva esserne preda e predatore nelle sue schiere.
La ragazza, umilmente salutava tutti, ma c'era in lei qualcosa che non convinceva le devote donne del villaggio. Lo sguardo sempre basso a volte, mandava bagliori di una volontà non domata e solo in parte dissimulata sotto una cuffia troppo grande per un viso ancora infantile.
Qualche ciocca rossa, le usciva ribelle fuori e lei la ricacciava con gesti furtivi e impazienti dentro la stoffa inamidata.
Faceva servizi per la vecchia Hughes e per qualche donna che le pagava pochi spiccioli.
Poi venne l'inverno, gelido, famelico come una belva. Cominciò con qualche fiocco di neve ad ottobre e ricoprì di ghiaccio ogni cosa. Il cibo cominciò a scarseggiare, le scorte raccolte in estate, non era state sufficienti, perché la nave giunse troppo tardi a stagione inoltrata. I primi ad ammalarsi furono i figli del predicatore.
La madre si straziava sapendo che sarebbero potuti morire da lì a breve. Malati di polmonite, tossivano come mantici sfiatati da mane a sera, febbricitanti e sfiancati dal poco cibo.
Mary Ann conosceva un modo per curarli ma aveva troppa paura. La vecchia Hughes, a cui ne aveva accennato, le disse di farlo con molta cautela ma una vita era un dono di Dio e non si poteva perderla.
All'Alba Mary Ann, uscì di casa verso la foresta, guardandosi attorno con circospezione e timore.
Nessuno la seguì, nessuno l'aveva notata.
Camminava cautamente, cercando di fare meno rumore possibile, non calpestando ramoscelli, ma il frusciare delle foglie morte, quello, non poté evitarlo.
Molte piante le erano ignote, ma ne individuò un paio che potevano fare al caso, liquerizia e menta selvatica.
Una gazza lanciò un grido nell'aria, suono inaspettato che fece saltare Mary Ann ferma nell'atto di cogliere una piantina.
Il gridò si ripetè un altro paio di volte.
La ragazza alzò il volto e soffocando un grido se lo trovò davanti. Un selvaggio, dalla pelle ambrata, i capelli corvini raccolti sulla nuca e ornati di una piuma azzurra.
La stava osservando curioso ma non aveva emesso neanche un suono, né un frusciò di foglie aveva annunciato la sua presenza.
A Mary Ann prese a battere il cuore all'impazzata. Aveva sentito dai coloni, storie di gente trucidata dai selvaggi che abitavano la terra prima della loro venuta. Racconti raccapriccianti, di gente sventrata e barbaramente uccisa e data alle fiamme assieme alle loro case.
Mary Ann tremava ma non abbassò lo sguardo. Immobile come davanti ad una fiera aspettava un qualche segnale da parte di lui prima di correre a perdifiato.
Lui, invece, le sorrise, allargò le braccia per tranquillizzarla di non avere armi, e lentamente avanzò verso di lei.
Le parlò, lentamente e in modo stentato nella lingua del vecchio mondo.
Ogni parola, aggrottava in modo buffo le sopracciglia, in un'espressione molto concentrata.
Lei si rilassò sorridendogli a sua volta.
Gli chiese dove avesse imparato la sua lingua. Lui rispose lentamente, mescolando parole conosciute con altre a lei astruse, che era stato alla missione.
Aveva conosciuto i bianchi ma li evitava. Non si fidava di loro, avevano lingua di serpente.
Mary Ann convenne che aveva ragione. Lui le insegnò come usare alcune di quelle erbe che lei non aveva mai visto. Suo nonno era uno sciamano e alcune cose gliele aveva insegnate.
A loro era proibito avvicinarsi al villaggio, ma stavolta aveva fatto una breve deviazione, era un po' che la stava seguendo nella foresta. Incuriosito da quell'esile figurina dalla cuffia bianca troppo grande.
Si salutarono con un cenno del capo, lui scomparve come un fantasma, così come era venuto. Lei furtiva tornò sui passi per raggiungere casa della signora Hughes.
Curò i figli del predicatore e li guarì, ma la riconoscenza non era di quella gente.
Iniziarono a chiamarla per altri malati ma cominciarono a malignare sulle sue arti, forse opera del Maligno.
Lei ignara continuava a curare i malati con le erbe della foresta.
L'inverno passò, l'aria mite e tiepida aveva un poco intiepidito anche gli animi del villaggio. Mary Ann una sera uscì dalla baracca di legno della signora Hughes. Si diresse verso la foresta, che ora non le incuteva più terrore. La Terra, con le sue creature, era parte di lei, scorreva nelle sue vene, così come in quelle di sua madre.
Il richiamo era forte.
Una luna, piena, tonda come uno scudo d'argento, faceva penetrare tra gli alberi, rade gocce di luce lattiginosa. Le ombe s'allungavano pallide sul terreno.
Lei, iniziò a respirare l'aria resinosa, chiudendo gli occhi. La sentiva scorrere la linfa vitale, un rumore sommesso che dalla terra saliva verso i rami nodosi. Ne sentiva il profumo dei suoi frutti, lo stormire di foglie ancora tenere in giovani virgulti.
Si tolse le scarpe. Allargò le dita dei piedi tra l'erba tenera. Percepiva il pulsare della terra, la frescura e il solletico che i fili d'erba le facevano sotto le piante dei piedi.
Il suo cuore batteva al ritmo del pulsare della vita.
Lentamente si slacciò la cuffia e la sfilò dal capo, gettandola in terra. I riccioli ramati le ricaddero sul volto e sulle spalle, ondeggiando come acqua al tramonto.
Ad uno, ad uno, si tolse tutti gli abiti. Non le servivano, la costringevano e non riusciva più a respirare. Inalava l'aria balsamica che si spargeva nel suo corpo, dentro le braccia, fin nella punta delle dita, nel tronco, nei polmoni, nelle cosce tornite, nei polpacci tesi, nelle dita dei piedi.
L'aria entrava dalle narici ma usciva da tutti i pori della sua pelle, dagli arti, come fosse una fontana.
Iniziò a muoversi a quel tambureggiare della Madre. Sua madre era con lei, ne percepiva la presenza. I suoi occhi vedevano cose che non avevano mai visto. Un'aurea colorata circondava gli esseri viventi.
La luce colorata della vita.
I riccioli si muovevano di vita propria, galleggiavano nell'aere. Ella ringraziava la Madre.
Lui, le fu accanto, con la sua piuma azzurra. Lei ne aveva avvertito la presenza ma non coprì le sue nudità. Spiccava il biancore della sua pelle alla luce lunare. Era tutto naturale, era così che doveva essere.
Lui prese a muoversi come lei, intonando un canto ancestrale, dei suoi antenati, anche loro presenti lì, con la Madre e la madre di Mary Ann.
Una civetta lanciò un grido dal ramo alto di una quercia. Il segnale di pericolo. Mary Ann, lo riconobbe, gliene aveva parlato sua madre, le aveva perentoriamente insegnato d'ascoltare sempre il grido della civetta, la voce della Madre.
Lui la prese per mano, lei raccolse rapidamente gli abiti, stringendoli al petto e corsero nella foresta come cosa sola.
Dei passi si avvicinavano rumorosamente preceduti dall'abbaiar dei cani.
La stavano cercando, un paio di coloni in perlustrazione notturna, l'avevano vista danzare nuda. Il segno della sua danza col Maligno. Avevano visto il giovane selvaggio danzare con lei, per loro non c'erano più dubbi: stregoneria. Erano corsi nel villaggio svegliando il pastore, le comari, i coloni tutti suonando la campana che avvisava eventi nefasti.
Si guardavano pallidi l'un l'altro i coloni. Ora si spiegavano molte cose. La moria dei maiali, la grandine della settimana prima, che aveva distrutto i campi di mais. La morte del più anziano del paese, improvvisa. I corvi che infestavano i campi.
Il pastore li radunò nella chiesa in preghiera. Chiesero perdono a Dio, invocavano la sua misericordia.
Composero rapidamente una squadra a caccia della ricercata e s'inoltrarono nella foresta, i cani annusavano furiosamente la pista abbaiando, seguiti dagli uomini a cavallo.
I ragazzi correvano, nascosti dai rami bassi delle piante secolari, la luna nel cielo spense la sua luce, coperta da nubi plumbee. Un lampo, la tempesta iniziò per coprire le tracce e disorientare i cani. L'acqua scrosciava inzuppando la foresta e ai cacciatori di streghe, spense le torce fumose.
Il ragazzo dalla piuma azzurra, la prese in braccio, percorse sentieri a lei astrusi. I capelli incollati e grondanti le coprivano il seno nudo. Rabbrividiva battendo i denti. Lui la strinse a sé per trasmetterle calore.
S'arrampicò per le montagne brulle e rocciose. Percorse un sentiero così stretto che  solo le capre sapevano percorrere. Scomparvero dietro una cascata.
C'era una grotta illuminata dal flebile bagliore di un fuoco.
Il ragazzo dalla piuma azzurra, la depose in terra e la stese su paglia asciutta, di fronte al fuoco. La coprì con una coperta intessuta dalle loro donne.
Un vecchio apparve ai due. Era così in età avanzata che a stento riusciva a camminare. I suoi occhi, vividi e neri, sembravano tizzoni di legna spenti da poco. Mandavano ancora qualche bagliore. Lei si girò verso il vecchio. Lui, accovacciato per terra, cantava una nenia antica in una lingua sconosciuta. Alimentava il fuoco con alcuni rami secchi su cui posavano ciotoli tondi e levigati.
Lei cullata dalla voce, chiuse gli occhi e sognò.
Le apparve sua madre, le Sorelle e la Madre le parlò. La voce della natura era potente. Fuori infuriava la tempesta con tuoni e lampi.
Il vecchio sciamano, cantilenava una preghiera ancestrale. Aveva percepito i poteri di Mary Ann e le avrebbe insegnato tutto il suo sapere. Sarebbe stata grande e potente per la sua gente. La forza della Madre era in lei.
Quando aprì gli occhi, il sole era alto nel cielo.
Le diedero dei mocassini, intessuti di perline colorate, la vestirono come una squaw, le donne l'acconciarono con piume e perle nei capelli. Fu chiamata Pelle di Luna e mai più fece ritorno al villaggio. Visse in armonia con la Madre e i suoi Figli, tutti.
Di lei al villaggio si parlò a lungo. La cercarono per giorni e giorni, poi dissero che il demonio se l'era presa con sé.
Al suo posto se la presero con la signora Hughes che fu processata per aver taciuto, e impiccata anche se la poveretta era del tutto ignara. Giustizia era stata fatta e la misericordia di Dio di nuovo con loro.
Quest'anno l'inverno sarebbe stato clemente e i raccolti rigogliosi.



 Il racconto è ispirato al romanzo: Il viaggio della strega bambina di Celia Rees. Il resto è tutta fantasia personale